300

300
“Una volta che gli uomini sono uniti come un solo corpo, Il coraggioso non potrà avanzare da solo, Il codardo non potrà ritirarsi da solo.
Questo è il metodo per organizzare un esercito”.

Sparta (Grecia), 480 avanti Cristo. Il campo di battaglia odora di morte. Le mosche e i vermi si stanno dando da fare sui corpi maciullati. 

L’impresa di questi uomini sta avviandosi a diventare leggendaria. Qualcuno più bravo di me vi parlerà di tecniche, di attori, di stile. Io non mi sottrarrò alla lettura politica. Anche perchè penso che non sia importante come Michelangelo afferrasse lo scalpello, ma cosa ha lasciato.

“Prima che la battaglia finisca il mondo saprà che pochi tennero testa a molti”.

E’ la frase che chiude il trailer.

Dichiaro subito il mio conflitto d'interessi: sin da piccolo ritenevo questa una pagina sacra per me e per chiunque amasse la storia della civiltà occidentale. Il film di Zack Snyder, eccitante, cupo e crudele fumetto parastorico, trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo grafico di Frank Miller, parte e prende spunto da questo presupposto, senza basarsi sui documenti storici.

La cronostoria della battaglia delle Termopili penso sia ben nota, almeno nel resoconto di Erodoto: Leonida (nel film Gerard Butler), re di Sparta, lascia la sua consorte, (nel film dopo l'ultima notte d'amore) la bellissima regina Gorgo (Lena Headey) e si attesta nella gola delle Termopili, sacrificando se stesso e 300 tra i suoi migliori soldati nell’estremo tentativo di ritardare l’avanzata dello sterminato esercito persiano al comando di Serse (Rodrigo Santos), in modo da dare il tempo ai greci di organizzarsi e sferrare la controffensiva.
Noi combattiamo per l'onore, il dovere e la gloria, esorta il suo reggimento. 

Ondata dopo ondata le orde di Serse si infrangono sul muro degli Spartani, una falange impenetrabile di scudi, superiori in abilità tattiche, coraggio e cameratismo.

Che eroica resistenza.

Coraggio e cameratismo di uomini votati misticamente alla morte. Perchè in tutte le battaglie è successo: gli uomini che ti ritrovi vicino si trasformeranno in qualcosa di molto simile ai tuoi migliori amici. Dopo il primo attacco, saranno già la tua famiglia. Dopo giorni a combattere, tra cadaveri e polvere, non saprai più dove finisci tu e iniziano loro.

Anche questo è rappresentato in questo film.

Parto dalla scelta, particolarissima, del colore. Lance che trafiggono corpi, teste di soldati morenti al rallentatore, schizzi di sangue. Nessuno stendardo nel cielo blu cobalto. Soprattutto perchè il blu cobalto non c’è. Soprattutto perchè il colore della guerra non esiste. Sono le convenzioni culturali che assegnano ai colori significati prestabiliti. Così il nero, il grigio plumbeo, i contrasti violenti di luce appaiono i colori più idonei a rappresentare la morte. Con la tecnica dello stop motion a far risaltare sangue e violenza di ogni scontro.

E la sterminata armata persiana, guidati da un re effemminato ricoperto di pierceng e gioielli, è dipinta come l’Armata del Male. Con molte citazioni fantasy (orchi, mostri incatenati e deformi, gli elefanti giganteschi, le fattezze del Re divinità Serse).

Una sinfonia color oro e cremisi con i buoni, gli Spartani invece scolpiti nel corpo, a torso nudo e duri nell’animo che non cedono fino alla fine a costo della vita, riaffermando i valori per cui sono vissuti.

Una scena mi ha particolarmente colpito, a parte la rappresentazione delle battaglie, che grazie allo stile della graphic novel (pessima traduzione italiana in fumetto), è di una potenza visiva “devastante”. 

Quando Re Serse afferma che è disposto ad ammazzare ogni suo uomo (schiavo per lui) per vincere.
Leonida risponde che è pronto a morire per ogni suo uomo. Un capo. Basterebbe solo questo per spiegare lo scontro di civiltà.

La lettura politica del film è elementare. La visione del regista cristallina, oserei dire: i 300 assomigliano tanto al piccolo Israele assediato dai paesi arabi (guidati dall’Iran) in attesa del risveglio, auguriamoci che avvenga, dell’intero occidente per dar vita allo scontro decisivo.
Pochi cercano di opporsi alle nuove forme prese dalle mire di invasione di quei popoli.

Godetevi lo spettacolo creato magistralmente al computer senza badare alla nostra intellighenzia, che non ha perso occasione, anche questa volta, per starnazzare ed etichettare questo film come politicamente scorretto, la ridicola critica colta che ha evocato la guerra di Bush in Iraq, che sembra comportarsi come gli orribili sacerdoti, gli Efori, che dicono a Leonida di non combattere.

Io dico soltanto che un Leonida manca maledettamente al nostro mondo.

Pochi contro tanti. Come guadagnarsi il passaporto per l’immortalità.
Ricorda chi erano, come ripete Dilios (David Wenham) referente verso il suo Re.