IL GLADIATORE

Roma, 180 dopo Cristo.
La vittoria nelle lande germaniche del prode e possente Generale Massimo (Russell Crowe) aumenta, ove fosse possibile, l’ammirazione dell’imperatore Marco Aurelio (Richard Harris): alla mia morte ti cederò il trono, non mi fido della mia inetta discendenza rappresentata dal rampollo Commodo (Joaquin Phoenix).

Però. Però il legittimo quanto poco marziale erede strangola il padre, si impadronisce del bastone del comando e ordina di assassinare l’alto ufficiale Massimo, il vero protettore di Roma.
Il quale, da combattente di razza qual è, riesce a mettersi in salvo, ma non può impedire l’uccisione dell’amata moglie e del diletto figlio.

Distrutto dal comprensibile dolore viene catturato e spedito in Africa, al mercato degli schiavi. Dalla gloria alla schiavitù, viaggio solo andata. Per altri.

Viene acquistato dal liberto Proximo (Oliver Reed), un ex-gladiatore che si è conquistata la libertà combattendo e ora organizza gli show al sangue al Colosseo.

Dai cui spalti, ammassati e urlanti, i bravi cittadini romani spasimano per vedere teste mozzate, arti che volano, esseri umani sbranati dalle belve feroci. È il loro divertimento preferito, malauguratamente negato per troppo tempo dall’imperatore-filosofo, da quel Marco Aurelio appena morto.

Ora, per fortuna, sul trono c’è il figlio Commodo, uno che è bravo a soddisfare i gusti del pubblico pagante. E non. È lui ad avere indetto cinque mesi di ludi gladiatori, centocinquanta giorni di feste sfrenate per far dimenticare ai sudditi qualche “piccola” magagna (tipo l’uccisione dell’imperatore e il tentativo di fare lo stesso con quello designato).

Ma Massimo inizia a fare quello che sa fare meglio, da bravo soldato: combattere, combattere, combattere. E uccidere, alla bisogna.

Di combattimento in combattimento (spettacolari le scene di azione, soprattutto quando Massimo prende il comando nell’Arena, impartendo “naturalmente” ordini di dispiegamento agli spaesati compagni di sventura) può dimostrare tutto il suo valore. E’ il più bravo e nessuno, né uomo né belva può fermarlo.
Così la sorte gli regala la possibilità di ritrovarsi a Roma.

Vendetta, tremenda vendetta con l’aiuto della bella (e innamorata) sorella dell’ambiguo (sembra avere “attenzioni” per la sorella) Lucilla (Connie Nielsen). Fino a trovarsi di fronte all’odiato cattivone integrale.
“Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del Nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell’unico vero imperatore Marco Aurelio, padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa. E avrò la mia vendetta, in questa vita o nell’altra”.

IL GLADIATORE è un avvincente e vibrante kolossal dell’eclettico Ridley Scott, più che un film, un “filmone” in costume sullo stile di quelli che andavano di moda negli anni ’50, trascinante nelle spettacolari scene d’azione, tra cui mi piace ricordare anche la splendida battaglia iniziale, e che colpisce dritto al cuore.
Con qualche strafalcione storico, ma è un film mica un sussidiario (esistono ancora?) di Storia.
Cinque Oscar (al film, Crowe, effetti visivi, costumi, sonoro) aggiungono medaglie e fascino a un film che è sicuramente da vedere.