MINORITY REPORT

Washington, anno 2054. Funzionano meglio di Giucas Casella, Wanna Marchi e Silvan assommati i tre veggenti immersi nel lattice.

Niente di particolarmente tecnologico: semplicemente tre umani dotati di capacità paranormali. Si chiamano pre-cog, da precognitives.
I loro nomi sono un inno al "giallo", Agatha come Christie, Dashiell come Hammett e Arthur come Conan Doyle.
Vivono in una piscina e hanno visioni che poi trasmettono a un secondo livello, a un'unità di pronto intervento, la squadra anticrimine guidata dall'agente scelto John Anderton (Tom Cruise).

Tra un'ora avverrà un delitto nel tal posto, avvertono i precog, e il baldo poliziotto si precipita sul luogo, in tempo per fermare la mano omicida.

Che maraviglia!!, da sei anni non c'è un omicidio, gongola il gran capo Lamar Burgess (Max Von Sydow), che però rivela preoccupato al suo subalterno: lo zelante funzionario del dipartimento di giustizia Ed Witwer (Colin Farrell) è qui per sabotarci.

E i guai arrivano quando i veggenti a un certo punto indicano proprio John come futuro omicida di un tale che non conosce.
Dunque il detective comincia la caccia a se stesso, naturalmente c'è la possibilità di qualche trucco, qualcuno per esempio potrebbe fabbricare non false prove, ma false visioni. Da qui una corsa contro il tempo, che è breve.

MINORITY REPORT è un originale e inquietante thriller futuribile che il regista Steven Spielber ha tratto da un racconto del re della fantascienza Philip K. Dick, scrittore-culto del genere (ha firmato BLADE RUNNER e ATTO DI FORZA, fra gli altri, e scusate se è poco).

L'azione prevale (ritroviamo il Cruise delle Missioni impossibili e non è necessariamente un male) e giù il cappello davanti agli effetti speciali.
Cose che fanno capire che Spielberg ha fatto prevalere la ricerca del successo di pubblico rispetto ai significati letterari.

Il film comunque c'è.

Rimane solo l'atroce dilemma per il gentil sesso: è più fascinoso il collaudato Tom Cruise o Colin Farrell?