RAMBO

Montana (Usa). Se ne va a zonzo per i fatti suoi, in cerca di un lavoro, l’ex berretto verde, reduce del Vietnam con tanto di medaglia al valore, John Rambo (Sylvester Stallone).

L'ex milite entra nel poco ridente paeselo soltanto per mettere sotto i denti un sandwich.

Trasandato e sguardo perso nel vuoto, è scambiato per un vagabondo dall’arrogante sceriffo Teasle (Brian Dennehy).

Sbattuto in guardina gli fanno pelo e contropelo a suon di pugni, ma sotto la crosta superficiale si accorgeranno di aver incocciato in una incazzatissima macchina da guerra.

Dio mio! hai visto che cicatrici?

Giusto il tempo di un amen, lui si ribella e rende le bastonate con gli interessi ai panciuti sbirri di provincia.

Poi inizia a fare quello per cui è stato addestrato e fugge sui monti: elicotteri, poliziotti, guardie nazionale e cani da caccia gli fanno un baffo, anzi di più, lo fanno sentire di nuovo in gioco.

E la preda si trasforma in cacciatore, finchè a smorzare la sua rabbia interviene, bontà sua, il suo ex comandante in Vietnam, Trautman (Richard Crenna).

Arrenditi, anche se ti è stata fatta un’ingiustizia. 

Questa è la riconoscenza per me e i miei compagni morti laggiù per servire la Patria?

Tratto dal romanzo Primo sangue di David Morrell con lo stesso Sylvester Stallone tra gli sceneggiatori che l’hanno adattato e diretto da Ted Kotcheff, RAMBO è un film che seppure dalla trama poco più che puerile è diventato in breve, sicuramente ben al di là delle intenzioni degli stessi autori, il simbolo dell’America con gli attributi, oltre che un clamoroso successo cinematografico.

In termini di dinamica filmica, s’affida all’atletismo schizofrenico di Stallone e sul piano spettacolare ha un’indubbia pur se elementare efficacia: alcune robuste sequenze d’azione, violentissimo, con un ritmo concitato, non concede pausa fino alla stonata chiusura finale, mielosa ed accondiscendente, sicuramente più da Carter che da Reagan.

Piacque a noi di destra perché ha al centro un ex eroe in divisa; a sinistra perché esalta un emarginato che combatte contro l’ordine costituito e accenna qualche critica allo Stato Maggiore dell’esercito americano per l’uso delle armi chimiche nella “sporca guerra”. Infine all’opinione pubblica statunitense per l’ingratitudine verso i reduci che non l’avevano vinta.

Insomma un successo planetario.