FALLO!

Sei episodi boccacceschi che tentano di raccontare l’immaginario erotico femminile e le gioie del sesso, anche se, con maggiore probabilità, raccontano l’eros visto da Tinto Brass. Una scanzonata visione dell’eros fra le manie, i vizi, le turbolenze della provincia ipocrita e trasgressiva, che sembra immersa, agli occhi del regista, in triangoli, tradimenti, scappatelle e scambi di coppia.

Sei episodi, dicevamo: c’è la coppia in vacanza che organizza un menage a trois con un aitante cameriere marocchino, un’aspirante star della tv che per dare una spinta alla carriera si concede a un dirigente, una coppia sadomaso che coinvolge nei suoi giochi una procace cameriera, una moglie tradisce il marito troppo geloso facendo finta che si tratta solo di fantasie, una vacanza naturista si trasforma in un’iniziazione a piaceri proibiti, una maestrina in viaggio di nozze che si offre agli sguardi del voyeur della finestra di fronte, facendo spiare i suoi amplessi coniugali. “Lo famo strano” ripreso da ogni angolatura possibile per raccontare usi e costumi della la trasgressione nella italica provincia.

Questa, almeno, sembrerebbe la motivazione dell’operazione, di fatto un remake del precedente “Fermo posta: Tinto Brass”. Operazione che, malgrado l’obiettivo non fosse così irraggiungibile (non si trattava di eguagliare qualche capolavoro del cinema nda), si rivela semplicemente fallimentare sul piano della realizzazione.


Tra complicità e inganni, bugie e malizie, Fallo! racconta disincantate e festose schermaglie amorose di coppia dove la protagonista assoluta è la donna, forte del suo potere di seduzione reso ancora più irresistibile da una disinvoltura sessuale ai limiti dell’irresponsabilità.

E gli uomini? Comprimari, riserve, giocatori in panchina costretti a mendicare l’amore capricciosamente distribuito dalle icone dell’eros.

Le protagoniste del film erano tutte ragazze alla prima esperienza sul set (qualcuna a fatto carriera nel porno, come Federica Tommasi), contattate, scelte, selezionate e ammaestrate dallo stesso regista. Che le tenta tutte: gran dispendio di falli finti, evocazione di perversioni varie, posizioni ginecologiche ripetute e nudità come se piovesse.




Ma il suo, più che un film erotico, sembra un porno privato delle scene realmente hard (ma ci va veramente vicino), con l’aggravante di qualche pretesa autoriale (con tanto di autocitazioni e apparizioni del regista stesso).

Ma di trasgressivo o anche solo realmente erotico non c’è nulla, invece rasenta il pecoreccio e la morbosità senile per il corpo della donna.

Da tempo il regista veneziano ha perso il tocco magico della porta dell’erotismo, dei tempi di LA CHIAVE o MIRANDA.