BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI

Roma. Il vecchio e dispotico immigrato pugliese Giacinto Mazzatella (Nino Manfredi) vive in una catapecchia con annesso recinto di monnezza. Proprio a un tiro di schioppo dal Santo Padre con la moglie e dieci (uno più uno meno) figli.

Forse anche il patriarca ha perso il conto degli eredi: tutti sono comunque ladri o scippatori.

Ha un unico bene che custodisce come un tesoro sacro e inespugnabile: il milione di lire, in contanti, che gli è stato pagato dall'assicurazione per l'occhio perduto in un incidente sul lavoro.

Il timore che il malloppo venga rubato lo devasta, tanto da non farlo dormire più la notte.

E alla fine decide: piuttosto che farsi derubare voglio godermi questa bella e in carne battona. Proprio nel letto coniugale.

Ma la famiglia si ribella.

BRUTTI, SPORCHI E CATTIVI è una (volutamente) sgradevole commedia grottesca di Ettore Scola ma dal vago sentore pasoliniano, ambientata nel mondo delle "baraccopoli" ai margini delle grandi città (in questo caso, Roma) e percorsa da personaggi repellenti.

Tra i quali spicca comunque il grandioso Nino Manfredi, che dà il meglio (nel peggio) di sè con uno dei personaggi più squallidi che si siano mai visti, avvinazzato e sconcio.

Ma chi l’ha detto che i poveri sono belli, puliti e buoni? Ma chi ci crede ancora che il sottoproletariato urbano aspiri alla lotta di classe?

Il regista, in piena crisi ideologica e bypassando ogni sentimentalismo da denuncia, ci fa capire che i reietti sono dei “mostri” avidi e famelici pronti a sbranarsi per il denaro.

Esattamente come gli appartenenti alla classe borghese; solo che lo fanno in modo tribale e bestiale senza la simulazione delle buone maniere.

Non c’è speranza per nessuno, non c’è nessuna palingenesi alla porte che possa salvare e redimere.

Film dove realismo e ironia si fondono alla perfezione.