AUTOPSY

Grantham, Virginia. Sepolto nel seminterrato della casa di una famiglia brutalmente assassinata viene trovato anche il cadavere di una giovane donna. Nessuno sa chi sia e cosi, come da prassi negli Stati Uniti, viene chiamata genericamente Jane Doe.

L'esperto medico legale Tommy Tilden (Brian Cox), assistito dal figlio Austin (Emile Hirsch), è incaricato di eseguire l'autopsia della sconosciuta per individuare le cause della morte, che sono ignote. Il bianco corpo è in condizioni perfette, senza alcun segno evidente di ferite o traumi.

Molto, molto insolito.

Che cosa quindi ha ucciso la ragazza?

Mistero. Polsi e caviglie risultano fratturati, gli occhi grigi, la lingua recisa. Una mosca, inoltre, esce dal naso di Jane.

Mentre lavorano nella notte per ricostruire la causa della sua morte, i due uomini iniziano a scoprire i segreti inquietanti della sua vita. Presto, una serie di eventi terrificanti chiarirà: questa Jane Doe potrebbe non essere morta.

E intanto, fuori, è in arrivo una tempesta epocale.

AUTOPSY, diretto dal semi-sconosciuto regista norvegese André Øvredal, è un horror interessante, gelido ed inquietante.

Minimale per i pochissimi attori coinvolti e per lo spazio ristretto in cui è stato girato, visto che praticamente il film ha come unica location un obitorio

Ciò nonostante il risultato è dignitoso in quanto Øvredal riesce a infondere un clima di angoscia sferzante e perenne, tassello fondamentale e spesso sottostimato in un horror che si rispetti.

Tuttavia, il valore aggiunto è rappresentato dagli indizi disseminati nel cadavere i quali aumentano vertiginosamente il desiderio di conoscere dove essi conducano, creando tensione e curiosità crescenti.

Splendida la cura per la fotografia, in cui predominano tinte fredde virate al grigio/blu.

Bravissimi Emile Hirsch e Brian Cox, anche se la vera protagonista è lei, Jane Doe, che ha il volto serafico dell'attrice irlandese Olwen Catherine Kelly.

Godibile. Il film dico.