ALIEN

L'astronave Nostromo con un equipaggio di sette persone (cinque uomini e due donne) capta un misterioso SOS mentre sta viaggiando per fare ritorno verso la Terra dopo una missione stellare.
Cambia prontamente rotta e atterra sul pianeta sconosciuto dal quale arrivava la richiesta di aiuto intergalattica, ma la colonia sembra essere disabitata.
Sembra.

Nel corso di una ricognizione, tre volontari scoprono mostruosi parassiti a forma di ragno, mollicci e tenaci come sanguisughe, da cui riescono a stento a liberarsi e via di corsa, con la navicella già in moto, a tavoletta.

Era una diabolica trappola: i coloni sono stati in realtà sterminati da una razza aliena che ha trasformato la base in una gigantesca covata.

Ma un immondo ospite è riuscito a salire e affiora dal petto di uno dei sette, per poi provare a cucinarsi gli altri sei.

Si salva solo la più bella della nave, il tenente Ellen Ripley (Sigourney Weaver), grazie alla capsula d'emergenza lanciata nello spazio siderale.

ALIEN è un terrificante (in senso buono) e angoscioso thriller spaziale del raffinato Ridley Scott, con tanto di effettacci cruenti.
L’idea della specie aliena che usa il corpo degli esseri umani come ospite per la proliferazione parassitaria non era nuova già nel 1979 , basti pensare a "L’invasione degli Ultracorpi" di Siegel. Eppure l’alieno, concepito dalla follia visionaria di H.R. Giger e realizzato da Carlo Rambaldi, è divenuto nel corso degli anni una vera e propria icona, cinematografica e non solo.


E la figura e l'ambientazione hanno scatenato i sociologi in perenne ricerca di metafore da sviscerare.
Esempio sublime di bellezza e malvagità, può essere visto come una versione estrema di “dark lady”, e non a caso, forse, è femmina, nera e sfuggente. Una specie totalmente priva di qualsiasi moralità, che ha come unico scopo la sopravvivenza e la riproduzione, è una trovata geniale nella sua semplicità: gli alieni hanno la stessa psicologia delle mosche, ma in più sono estremamente letali.

Lo stesso titolo, Alien, sembra riferirsi tanto all’essere alieno quanto all’ambiente entro cui si svolge la storia: le creature divengono padrone di tutto ciò che serve al loro scopo, tanto dei corpi usati come materia prima organica quanto della base spaziale, nonostante questa sia opera degli uomini.

L’angoscia generata dal film sta proprio nel disperato girovagare dell’equipaggio tra i claustrofobici labirinti della colonia, in cerca di un’impossibile salvezza. Sale progressivamente, nei personaggi e nel pubblico, la consapevolezza che gli alieni braccano gli umani come il gatto fa col topo.
Un gioco crudele che al topo riserva solo due inquietanti finali: la fuga, o la morte.


Su una cosa dovremmo essere convinti: Sigourney Weaver è senza dubbio l'oggetto volante più sexy di Hoollywood.